La Sapienza è attiva a Mozia da più di cinquant'anni con una missione archeologica che ha segnato la storia degli studi sul Mediterraneo
antico (dal 1964 al 2001 diretta da Antonia Ciasca, e dal 2002 da Lorenzo Nigro). Situata nel cuore del Mediterraneo, sulla punta
occidentale della Sicilia, Mozia fu dapprima approdo fenicio e, dopo l'ascesa di Cartagine a centro egemone del Mediterraneo nel VI secolo
a.C., capoluogo punico della Sicilia occidentale.
Immersa come altri centri marittimi fenici in un ecosistema unico, al centro dello Stagnone di Marsala, una sorta di grande porto naturale
e con diverse risorse a disposizione (prodotti agricoli, ittici, sale, ecc.), Mozia rimase per vari secoli (VIII-IV) un centro fiorente,
stringendo rapporti vantaggiosi e continuativi con gli Elimi dell'entroterra (Erice, Segesta) e sviluppando fruttuosamente il confronto
con i Greci di Sicilia (Selinunte, Agrigento, Himera), anche dopo la distruzione violenta della città ad opera di Dionigi tiranno di
Siracusa nel 397 a.C.
Dal punto di vista archeologico Mozia è stato ed è uno dei laboratori di ricerca più fruttuosi e promettenti del Mediterraneo, essendosi
preservata pressoché intatta per un'estensione di 45 ettari e avendo restituito una messe di reperti e opere (si pensi solo alle sculture
o agli innumerevoli rinvenimenti del Tofet).
Le nuove ricerche della Sapienza, incentrate sullo studio delle mura, dell'acropoli e del bacino artificiale detto Kothon, hanno portato
alla scoperta di un nuovo tempio di dimensioni ragguardevoli, di una residenza patrizia con annesso sacello e di una fortezza a cavallo
delle mura, completamente distrutta da una violentissima conflagrazione.